La contribuzione Inps non è sempre dovuta sull’intero reddito imponibile previdenziale del lavoratore perché, di anno in anno, l’Inps fissa un “massimale” contributivo, al di sopra del quale non devono essere pagati contributi. Tale massimale contributivo, previsto dall’art. 2, comma 18, della legge 8 agosto 1995, n. 335, rappresenta il limite di valore annualmente rivalutato sulla base dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati, calcolato dall’Istat, oltre il quale la quota eccedente di retribuzione non deve essere assoggettata a prelievo di contributi previdenziali e riguarda esclusivamente:
- I lavoratori privi di anzianità contributiva riferibile a periodi anteriori al 1° gennaio 1996 ovvero
- I lavoratori che, pur essendo iscritti all’Inps prima del 1996, abbiano optato per il regime contributivo.
Invece, per i lavoratori che hanno un’anzianità contributiva antecedente alla suddetta data e che non hanno optato per il regime contributivo, i contributi vanno conteggiati sull’intera retribuzione da loro percepita.
Per l’anno 2022, il massimale fissato dall’Inps è risultato di 105.014,00 e pertanto la quota di reddito eccedente questa soglia non subisce alcuna trattenuta contributiva ma non viene neppure considerata ai fini dell’importo della pensione.
L’applicazione, o meno, del massimale può, quindi, comportare, per i redditi più alti, notevoli differenze tra l’ammontare del trattamento pensionistico e l’ultima retribuzione percepita nel momento del ritiro dal lavoro.
Per fare maggiore chiarezza sui comportamenti che devono essere tenuti da tutti coloro che sono soggetti al massimale contributivo e che non molti conoscono, può essere utile leggere l’articolo pubblicato sul n. 55 di Economy del mese di aprile 2022 4.2_VERSO_LA_PENSIONE_ATTENTI_AD_ ANDARE_AL_MASSIMO_1