Nonna dice che deve essere morbida per digerirla meglio, lo zio cuoco che devi scolarla che ancora si spezza: la verità dalla nutrizionista, vi preghiamo sul ciclo di vita di spaghetti & co.
di DEBORA ATTANASIO
La pasta al dente fa male? Quante volte abbiamo sentito questa domanda svolazzare nelle cucine e nelle sale dei ristoranti. Ma anche come si cuoce la pasta? Detta in Italia, la seconda è una domanda a rischio linciaggio. È come saper guidare l’auto con le marce: un americano deve guardare il contagiri per capire quando innescare la successiva, mentre noi lo facciamo a orecchio a 18 anni. Chi scrive ha visto in Belgio la cuoca, mentre cucinava spaghetti in onore dell’ospite italiana, lanciarne uno contro le mattonelle della cucina per capire se erano cotti. “Se resta incollato è pronto”, diceva, “voi fate così, no?”. No. Saper cuocere la pasta e decidere se è cotta deve essere un talento da sviluppare presto e bene, sia maschi che femmine, così come un isolano deve imparare presto a nuotare. E soprattutto, un italiano deve sapere esattamente se la pasta scotta fa bene o fa male, a che punto va scolata, quanto va salata e soprattutto, che non va condita con il ketchup, come fanno all’estero (ancora) i più sprovveduti (sì, anche in Belgio). Ma siamo sicuri di sapere tutto sulla pasta?
“La pasta è costituita principalmente da glutine e amido”, spiega la nutrizionista Elisabetta Macorsini. “Questi due componenti agiscono in modo diverso: il glutine assorbe amido, l’amido assorbe l’acqua e si gonfia fino a disperdersi nell’acqua, se la cottura è troppo lunga. La pasta scotta tende a formare nel tubo digerente un impasto colloso che non consente una corretta digestione. Una cottura troppo lunga della pasta provoca il rilascio dell’amido nell’acqua di cottura e una perdita di proprietà nutrizionali”. Quindi, stop alla leggenda secondo cui la pasta scotta fa bene perché più tenera e facile da digerire, soprattutto per malati, bambini e anziani? “Certo che non lo è. La pasta al dente fa bene, invece, e bisogna spiegarlo a tutti”, specifica la dottoressa, “anche perché ha un basso indice glicemico perché quando la scoliamo al dente, si idratano i grani di amido che non vanno a disperdersi nell’acqua, quindi non perdiamo le proprietà della pasta e l’amido può essere assimilato lentamente evitando l’innalzamento della glicemia”. Ovvero: niente picco glicemico.
Ma quindi, più la pasta è cruda, più fa bene? “Questa domanda mi ricorda un ex fidanzato calabrese che mi faceva mangiare la pasta cruda per sfizio”, rammenta la dottoressa Macorsini. “La pasta cruda invece non è digeribile perché gli enzimi digestivi non riescono ad attaccarla. Morale della favola: la pasta non deve essere né cruda, né scotta. Deve essere semplicemente al dente”. Ma come si cuoce la pasta, in modo sano? “In molti credono di saperlo fare bene ma sbagliano quasi tutti la quantità dell’acqua. Per cucinare la pasta ci vuole molta acqua e pentole grandi, perché la pasta deve cuocere comoda, in una generosa quantità di acqua. Alcuni sostengono che serve un litro d’acqua e se ogni volta vi chiedete quanto sale si mette nella pasta la risposta è circa 10 gr per ogni 100 gr di pasta. Il sale va aggiunto quando la superficie dell’acqua comincia a vibrare, poco prima che bolla e che si butti la pasta. E se avete paura che la pasta si incolli, è sufficiente aggiungere un filo d’olio appena scolata, soprattutto se è una pasta ripiena o una pasta fresca”. Preso nota?
Fonte: https://www.marieclaire.com/it/food/a23397285/pasta-al-dente-fa-male/