Per secoli l’esistenza dei singoli e l’organizzazione familiare e pubblica sono state costruite attorno ad una durata media di vita inferiore ai 35 anni, mentre si immaginava un mondo ideale libero dai rischi di morte in età precoce. Oggi viviamo quell’ideale: non solo arrivare a 65 anni in buona salute è oggi un obiettivo scontato, ma ogni nuova generazione raggiunge tale traguardo in migliori condizioni fisiche e cognitive.
L’Italia è uno dei paesi che più hanno spinto sull’acceleratore di questo mutamento demografico, con più di una persona su cinque sopra i 65 anni. Mentre un 65enne negli anni Settanta viveva in media altri 15 anni, oggi può aspettarsi di viverne 19 (22 se donna, dati OECD). Questa rivoluzione quantitativa comporta una necessaria reinterpretazione qualitativa della rappresentazione della popolazione “anziana”. Chi sono, dunque, i “giovani-anziani” di oggi? Ci riferiamo alla fascia di età tra i 65 e i 74 anni che una volta non si esitava a definire anziani e oggi principali protagonisti di questo cambiamento.
Nonostante ampie differenze si associno a storie di vita personali, alcune costanti si riconoscono come segnali che preparano ad un passaggio dall’età propriamente adulta ad una fase successiva: eventi sul piano lavorativo (pensionamento), familiare (perdita del partner o di altre persone care) o relativo alla (diminuzione della) salute. Ma l’approdo alla fase in cui si è anziani – nell’accezione tradizionale e spesso negativa di questo concetto – è lontano da venire.
In un recente studio, Bordone, Arpino e Rosina (2016) hanno tentato di rispondere a domande come: quanto i giovani-anziani in Italia si sentono anziani e quali eventi favoriscono una posticipazione dell’acquisizione soggettiva dello stato di anziano? Emerge che i giovani-anziani in Italia, in larga maggioranza, non si sentono anziani: l’85% degli uomini e il 71% delle donne tra i 65 i 74 anni alla domanda “quanto si sente anziano?” risponde poco o per niente. Per capire cosa ci dicono davvero questi dati, confermati anche dalla ricerca Osservatorio Senior-TraiLab “Un ritratto dei Nuovi Senior”, dobbiamo identificare i fattori che le persone associano al sentirsi anziani. Gli uomini riportano principalmente di essersi sentiti anziani con il pensionamento (45,5%), seguito dalla diminuzione dell’autonomia fisica (quasi il 32%). Quest’ultima risulta essere al primo posto tra le donne (44%).Eventi del corso di vita sembrano quindi avere un ruolo più importante dell’età anagrafica nel definire l’invecchiamento dal punto di vista soggettivo. É infatti interessante notare che il compimento del 65° anno di età, ovvero il criterio per definire una persona “anziana” a livello sociale e istituzionale (si pensi ad esempio ai requisiti per sconti sui mezzi di trasporto o altre agevolazioni), è riportato come principale marker dell’invecchiamento solo dal 12% degli uomini e dal 13% delle donne.
A conferma del fatto che “sentirsi anziano” e “invecchiamento attivo” sono inversamente legati, il sentirsi anziano sembra essere legato non solo alla partecipazione in attività sociali, ma anche a quelle digitali. Bordone e Rosina propongono un’analisi di come la percezione di anzianità si lega all’uso di nuove tecnologie, mostrando che il 30% dei 65-74enni Italiani usa il computer o lo smartphone e accede a Internet. Inoltre, il 57% tra coloro che usano il computer accede ai social networks e, in maniera simile, quasi il 65% di chi utilizza uno smartphone o un tablet.
I dati sull’uso della tecnologia incrociati a quelli sul sentirsi anziani suggeriscono inoltre che, tra chi non accede ai social networks (Facebook, Twitter, LinkedIn, YouTube o altri) il 24% dichiara di sentirsi anziano. Tra chi accede saltuariamente ai social networks, troviamo una percentuale di chi si sente anziano di poco superiore al 18% e questa scende ulteriormente per i 65-74enni che usano i social networks regolarmente (tra loro, il 13% si sente anziano). Sembra essere l’uso del Web, che permette maggiore informazione, la spiegazione dell’associazione tra uso del computer e non sentirsi anziano: infatti chi usa Internet si sente meno anziano di chi, a parità di sesso, età e altre caratteristiche socio-demografiche, non lo usa. Inoltre, i social networks servono da integratore sociale.
Questi risultati evidenziano come il percepirsi anziano, più che ad una specifica età, corrisponde al sentirsi entrati nella fase finale della vita caratterizzata da progressive perdite irreversibili. Capire e gestire queste differenze è cruciale per politiche sociali che si pongano come scopo il miglioramento del modo in cui le persone vivono le fasi più mature della vita. Favorire la posticipazione dell’età in cui ci si sente anziani può aiutare infatti a far rimanere i senior agganciati ad un percorso virtuoso di attività e benessere individuale con ricadute positive a livello sociale.
Fonte: https://osservatoriosenior.it/2017/11/se-usi-internet-non-ti-senti-anziano/